lunedì 26 luglio 2010

Braavos

Braavos è una delle Nove Città Libere, che si trovano a est del Mare Stretto. A differenza di queste ultime, Braavos non è mai stata colonizzata dall’ impero di Valyria, grazie all’ avvedutezza dei Cantori della Luna che guidarono la popolazione ad erigere la città in un luogo, dove i draghi di Valyria non avrebbero potuto mai trovarla.
Proprio per questo, per secoli è stata soprannominata la Città Segreta, rimanendo relativamente sconosciuta al resto del mondo, fino a quando dopo il Disastro di Valyria, e alla conseguente dissoluzione del suo immenso impero, si decise che non c’era più nessun motivo per rimanere nascosti agli occhi del mondo.


Dal puto di vista topografico Braavos è una città costruita su più di cento isole, collegate le une alle altre dalle arcate di ponti di pietra che scavalcano innumerevoli canali. A differenza di Approdo del Re che è distribuita sulle sue tre alte colline, la Città Segreta si sviluppa in orizzontale e gli unici rilievi sono quelli costruiti dagli uomini, in mattoni, granito, bronzo e marmo.

Le case sono alte quattro o cinque piani e molto strette, con tetti di tegole simili a cappelli a punta, alcune edificate sopra le vie d’acqua, trasformando i canali in una sorta di gallerie. Altre sono vere e proprie case galleggianti, in genere appartenenti ai notabili del luogo e decorate con lanterne di vetro colorato, tende di velluto ed elaborate polene.

Al trasporto delle persone attraverso i canali cittadini, provvedono strane barche affusolate, con scafi a forma di serpenti d’acqua, che invece di spostarsi a remi, sono spinte per mezzo di lunghi pali manovrati da uomini piazzati a poppa. Per il trasporto delle merci, sono utilizzate invece chiatte dal fondo piatto, trascinate per mezzo di funi direttamente dalla terraferma.

Torreggiante su case e canali, fa il suo corso, una massiccia strada sopraelevata, sorretta da tre ordini di arcate gigantesche: l’acquedotto di Braavos, che convoglia l’acqua potabile dalla terraferma, attraverso le paludi e gli acquitrini.



Le cento isole si affacciano in una baia protetta da due bracci di cordigliera pietrosa, pendii alti e ripidi ricoperti di pini-soldato e di cespugli neri. L’unico varco sia per entrare sia per uscire dalla baia, è uno stretto passaggio tra i due bracci di roccia, su cui torreggia il mitico Titano di Braavos, un piede piantato su ciascuna montagna, le gambe divaricate a formare un arco sul varco e le enormi spalle che superano le guglie di roccia più alte.

La funzione del Titano è prettamente difensiva: il gigante di pietra è infatti una sorta di torre di guardia sul mare, punteggiato da feritoie per gli arcieri e varchi difensivi, protetti da sbarre di ferro, che ridurrebbero a poltiglia l’incauta nave che volesse attraversare il varco senza il loro permesso.


Oltre a quest’aspetto puramente strategico, il Titano è una costruzione spaventosa: le gambe sono scolpite nella solida pietra, il medesimo granito nero delle montagne marine su cui si erge, e attorno alle anche porta un gonnellino di bronzo verdastro che completa la corazza pettorale, anch’essa di bronzo, mentre sulla testa ha un mezzo elmo a cresta. Una mano è appoggiata sul costone di roccia alla sua sinistra, le dita di bronzo su un rostro, l’altra è protesa verso il cielo, stretta attorno all’elsa di una spada spezzata. Dietro i buchi per gli occhi sono sempre accese delle torce, che da lontano danno l’impressione che il Titano abbia una vitalità propria, con i suoi paurosi occhi fiammeggianti.

Il motivo per cui i braavosiani abbiano scelto di costruire una torre con le forme di un titano, invece che di una vergine o di un vecchio saggio, è chiaro: qualsiasi soldato anche il più coraggioso non può non essere intimorito dal dover passare in mezzo alle gambe di questa creatura gigantesca e orrenda.
Allo stesso modo sembra ovvio, che le leggende sul Titano, di cui si racconta che sia nutrito con la carne rosea delle fanciulle nobili, e che prenda magicamente vita quando la città sia in pericolo, siano state messe in giro proprio dai braavosiani, quanto mai astuti nel capire che più il loro mostro di pietra fa paura, più possono dormire sonni tranquilli.

Nelle calme acque della baia poco dopo aver superato il Titano, si trova un’altra montagna, su cui sorge un agglomerato di pietra, irto di rostri, fortificazioni di pietra cariche di scorpioni, sputafuoco e catapulte. L’ Arsenale di Braavos è posto strategicamente a dare il colpo di grazia alle eventuali navi nemiche che fossero riuscite a superare indenni il Titano.



Dal punto di vista religioso Braavos è un vero e proprio Pantheon: tutti gli dei del mondo vengono venerati in città, ciascuno con un loro tempio.

Il Tempio dei Cantori della Luna è una gigantesca massa di marmo bianco, visibile sin dalla laguna, sormontata da una cupola argentata altrettanto gigantesca.
R’hllor il Rosso è venerato in un edificio di pietra rossa, austero come una fortezza. Sulla cima del torrione un fuoco arde perenne in un braciere di ferro, e fuochi più piccoli bruciano ai lati dei portali di ingresso.


Al Padre delle Acque è riservata una dimora provvisoria, che viene inglobata dalle acque ogni volta che prende moglie ( quando si alza la marea) e poi ricostruita.
Il Tempio al di là del Mare, è riservato al culto dei Sette Dei, ma è praticamente sempre vuoto, se non per qualche rara visita fatta dai marinai del continente occidentale, di stanza a Braavos.
Il Rifugio Sacro è un’enorme struttura di mattoni coperta da festoni di lichene, e alla vista ha un aspetto ben misero, tanto da sembrare più che un tempio un magazzino abbandonato. In questo strano tempio chiamato anche “il Labirinto” i braavosiani rendono onore ai piccoli dei che il mondo ha dimenticato.

Tutti gli altri dei meno importanti sono relegati su un’isola al centro della città. E’ proprio qui, fra tanti altri che ha sede il dio dai Mille volti, il cui tempio di scura pietra grigia, si erge su un’altura rocciosa, privo di finestre.